L’arte sotto pelle: il realismo di Alfredo Caso conquista la Napoli Tattoo Expo
Intervista al talento campano che trasforma la pelle in racconto, tra tecnica, emozione e competizione creativa
Più che una convention, una liturgia urbana. La Napoli Tattoo Expo non è solo un raduno di aghi e inchiostro, ma un grande rito collettivo dove la pelle diventa narrazione, e il tatuaggio un linguaggio che parla di identità, memoria e trasformazione. Per tre giorni, la Mostra d’Oltremare ha accolto tatuatori da tutto il mondo, ognuno con il proprio stile, la propria visione, la propria voce. In questo caleidoscopio di creatività, si distingue la mano raffinata di Alfredo Caso, artista campano specializzato nel realismo black and gray, che abbiamo incontrato tra una sessione e l’altra.
Il tuo stile è molto preciso, riconoscibile. Come lo definiresti?
Realismo in black and gray. È lo stile che sento mio fin da quando ho iniziato. Richiede grande cura tecnica, attenzione al dettaglio, e soprattutto una sensibilità nel creare sfumature credibili. È come scolpire un volto sulla pelle, usando solo ombre.
Un linguaggio molto espressivo. Cosa ti affascina di più del tatuaggio realistico?
La possibilità di raccontare qualcosa con una fedeltà visiva quasi fotografica. Amo restituire emozioni, rughe, sguardi. L’impatto è forte, e quando il cliente si riconosce, si emoziona: lì capisci che hai fatto centro.
Quanto tempo serve per creare un tatuaggio così complesso?
Molto dipende dal progetto. Ma la fase di preparazione è fondamentale: solo per il disegno spesso impiego dalle cinque alle sei ore. Ogni tratto va pensato prima, per arrivare alla seduta già con una visione chiara. Il tatuaggio inizia molto prima che l’ago tocchi la pelle.
Il mondo del tatuaggio è in continua evoluzione. Come vedi il suo futuro?
Credo che continuerà a evolversi, contaminarsi, perfezionarsi. Non è una moda passeggera, ma un’arte che esiste da secoli e continuerà a esistere. Il tatuaggio si rinnova, si adatta, ma resta profondamente umano. È un bisogno di lasciare un segno, dentro e fuori.
Partecipare a eventi come la Tattoo Expo di Napoli: cosa rappresenta per te?
È importantissimo, sia a livello personale che professionale. Sono occasioni per confrontarsi con altri artisti, anche internazionali, e crescere. Adoro mettermi in gioco con chi lavora nel mio stesso stile. Non è solo competizione: è scambio, è stimolo.
Hai un tatuaggio a cui sei particolarmente legato?
Sì, uno in particolare. È il lavoro con cui ho vinto il mio primo primo posto a una convention a Caserta. Un ritratto black and gray: ogni ruga, ogni sfumatura raccontava qualcosa. Ricordo ancora l’intensità dello sguardo. Quel lavoro ha segnato una svolta per me.
Tatuare durante un evento così frenetico: che emozioni si provano?
Un mix esplosivo. Ansia, adrenalina, concentrazione… ma anche una spinta positiva, una soddisfazione enorme. Sai che ti stanno guardando, sai che stai creando qualcosa sotto gli occhi di tutti. È come suonare dal vivo: non puoi sbagliare, ma se riesci, è pura energia.
Cosa pensi quando vedi il tuo lavoro sulla pelle di qualcuno, per sempre?
È un’emozione difficile da spiegare. Un tatuaggio è una parte di te che cammina nel mondo, ogni giorno. Quando qualcuno sceglie di affidarmi la propria pelle, sento una responsabilità enorme. Ma anche un onore: è un patto silenzioso, intimo.
La Napoli Tattoo Expo si chiude tra gli applausi, le luci, l’odore di inchiostro e street food, ma resta impressa. Sulla pelle dei visitatori. E nel percorso di artisti come Alfredo Caso, che con ago e cuore raccontano storie in bianco e nero — ma piene di anima.
A cura di Alessandra Orlando

