Il problema della Peronospora in Italia e aiutare i viticoltori in
difficoltà

Cambiamento climatico e Peronospora, due problematiche che sono facce della stessa medaglia per
i viticoltori italiani da Nord a Sud. È questo il punto cui si è arrivati nel corso dell’ultimo convegno
di ViteresZero presso l’azienda vitivinicola Il Cortiglio, a Fontanarosa (AV), in Irpinia. Al centro
del dibattito, moderato dal giornalista del Mattino Annibale Discepolo, c’è stata proprio la
Peronospora, il patogeno più infido per la viticoltura italiana degli ultimi anni. E di quelli a venire,
se consideriamo la correlazione col cambiamento climatico in atto e gli effetti nefasti già registrati
per la vendemmia imminente del 2023. “Le condizioni climatiche in continuo mutamento ci portano
ad affrontare situazioni sempre più estreme, e quest’anno ci hanno regalato la primavera più
piovosa di sempre, con una bagnatura quotidiana e costante delle vigne e dei terreni”, ha ricordato
l’Ing. Francesco M. Acampora, presidente Coldiretti Avellino e titolare del Cortiglio. Una cosa che,
a quanto pare, incide non poco nella proliferazione della Peronospora, come spiegato dal Prof.
Filippo De Curtis, ordinario di Patologia Vegetale presso l’Università del Molise, partner del
progetto ViteresZero insieme a GAL Irpinia (rappresentato al convegno da coordinatore, l’Ing.
Nicola Giordano). “L’Italia è fatta tutta di valli, montagne e colline con infiniti microclimi a varie
altitudini, e poiché il patogeno ha bisogno di maturare, si presentano due fattori: la sua dormienza
d’inverno col freddo, e poi la riattivazione col caldo primaverile ed estivo – ha sottolineato De
Curtis -. Se si volesse aiutare il territorio, nel caso in cui questo patogeno col tempo e a causa dei
cambiamenti climatici generasse incidenze di malattie importanti, bisognerebbe seguirlo da un
punto di vista strettamente matematico – biologico. Occorrerebbe instaurare delle stazioni che,
seguendo le curve di livello, studiano appositamente sia i cambiamenti del clima, sia la maturazione
delle spore, nonché la bagnatura delle foglie, e si potrebbe anticipare così la Peronospora di qualche
settimana”. Individuare percorsi che, soprattutto per il futuro, possano rendere più efficace la lotta
fitosanitaria è la via maestra, secondo l’Ing. Acampora, per dare respiro alla viticoltura del
Belpaese, messa continuamente a dura prova, e stressata com’è dal clima estremo e dai patogeni.
“Da qui la mia proposta alla Regione Campania di attivare una misura straordinaria del PSR per il
sostegno temporaneo eccezionale a favore dei viticoltori particolarmente colpiti dalla Peronospora –
afferma l’Ing Acampora -. Uno strumento già attivato, del resto, dalla Regione per mitigare i
devastanti effetti avuti sulle aziende agricole dalle crisi legate al covid prima, e alla guerra in
Ucraina dopo. È giusto il caso di ricordare, infatti, che mentre esistono le coperture assicurative a
tutela del reddito per alcune calamità come la grandine (e per l’eccesso di pioggia, se questo si
verifica in prossimità delle vendemmia, generando il marciume sui grappoli), non è possibile
assicurare il danno da Peronospora – sostiene Acampora -. Questo perché la linea tra la negligenza
del viticoltore e la reale impossibilità di intervento è talmente sottile da non consentirne una netta e
documentabile verifica: ad oggi, quindi, non è un danno assicurabile”. Un aspetto su cui ha
convenuto anche Teresa Bruno, presidente del Consorzio di tutela dei vini d’Irpinia: “L’anno
prossimo farò in modo che i soci possano assicurarsi, perché se non si può bloccare la patologia da
Peronospora, almeno si può dare una sicurezza ai nostri soci, recuperando le spese per non veder
perso l’intero raccolto. Nel futuro ci vuole una campagna di assicurazione, magari rimborsabile al
70% dal Ministero”, è l’augurio della Bruno. Auspicio condiviso anche da Angelo De Lillo,
segretario di zona della Coldiretti di Ariano Irpino: “Il problema è lo stesso anche per le piccole
aziende dell’arianese, che soffrono per la Peronospora, pertanto necessitiamo di un supporto tecnico
di formazione che andrebbe poi esteso anche alle piccole imprese e alle altre coltivazioni in
difficoltà, come grano, cereali e olive”.

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