GIANNOLA E L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA NELL’INTERCLUB ROTARY NAPOLI OVEST E ROTARY  POSILLIPO

DI Laura Caico

Una decisione piena di incognite. Dopo un commosso ricordo del socio fondatore del Rotary Posillipo Massimo Enrico Milone recentemente scomparso, nell’Interclub del Rotary Napoli Ovest presieduto dal prof. Ciro Imbimbo e del Rotary Posillipo presieduto da Elio de Rosa svoltosi all’Hotel Excelsior, lo spinoso tema “l’Autonomia differenziata e l’Italia che verrà” è stato brillantemente trattato nelle sue varie implicazioni: la conversazione  è stata effettuata dal socio onorario del Rotary Napoli Ovest  e Presidente dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno-Svimez Adriano Giannola, pugliese, classe 1943, già Presidente dell’Istituto Banco di Napoli–Fondazione, ex Presidente del Consiglio d’Amministrazione del Teatro Stabile-Teatro Nazionale di Napoli.   Una personalità eclettica che ha saputo mettere in luce alcuni punti- chiave della questione, forse non del tutto percepiti dalla massa dei cittadini perché annidati fra le pieghe di un corposo disegno di legge preparato dal Ministro Calderoli, approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri ma con un travagliato iter parlamentare per via delle polemiche suscitate.  Il clima di protesta condivisa, fattosi man mano sempre più incandescente, ha portato proprio in questi giorni i sindacati a organizzare imponenti cortei di lavoratori che hanno protestato contro l’Autonomia differenziata a Napoli con la presenza di circa 50.000 persone e a prepararne altri in tutto il Mezzogiorno e in altre regioni d’Italia. La paura sotterranea che movimenta le reazioni popolari è quella di assistere impotenti alla disgregazione del Paese, qualora venisse accettato il Ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata.

 Il prof. Giannola ha chiarito che il Ddl Calderoli non è uno strumento eversivo, ma si riferisce a contenuti ben presenti nel programma elettorale del centrodestra ora al governo ed è articolato nell’ambito dei commi costituzionali per cui occorre una certa sottigliezza di pensiero per metterne in luce tutte le implicazioni, anche a lungo termine: la preoccupazione maggiore che infuoca le proteste riguarda nuove possibili disparità che possano scaturirne a danno del Meridione, che verrebbe così relegato in una condizione di persistente inferiorità.

 Ci si appella da più parti al dettato costituzionale che proclama l’Italia una e indivisibile, puntando l’indice accusatorio contro le tortuosità dell’iter del Ddl Calderoli che implica più passaggi presso diversi ministeri, le Regioni che ne fanno domanda, la Conferenza Stato-Regioni e il Parlamento, con tutte le lungaggini burocratiche che ne deriveranno, prima di riuscire a stilare un accordo che dovrà infine essere approvato a maggioranza assoluta dalle Camere. Complicazioni inevitabili e indesiderate a fronte della necessità, da molti invocata, di fare investimenti per il Sistema Paese, nei punti di altissima criticità del riassetto idrogeologico del territorio (come ha purtroppo evidenziato l’alluvione in Emilia e Romagna) della riorganizzazione della sanità pubblica (com’è tragicamente emerso durante la pandemia), di nuove ed efficaci  politiche industriali che creino lavoro e sviluppo, dell’eliminazione di grandi disuguaglianze territoriali affinché tutti i cittadini –  dal Sud al Nord dello Stivale – possano pienamente far valere il loro diritto di accedere alla sanità, all’istruzione, al lavoro.

 Il prof. Giannola ha messo in guardia da riforme che – se non ben studiate – possano indebolire la coesione nazionale, mortificando i diritti dei cittadini, senza tenere in giusta considerazione le esigenze dei lavoratori: tra i punti contestati al Ddl Calderoli, viene chiesto a gran voce il chiarimento su come e da chi la Regione richiedente l’autonomia differenziata riceva i finanziamenti per le funzioni assegnatele, quali siano i tributi erariali del territorio regionale a cui si andrebbe ad attingere ma, soprattutto, quanti miliardi di euro servirebbero per finanziare le competenze che le Regioni possono richiedere. Occorre, infatti, tener conto che di fronte al trasferimento a una qualsiasi Regione richiedente delle tante competenze possibili verrebbe a crescerne il bilancio interno ed automaticamente avverrebbe il ridimensionamento di quello dello Stato (per via della diversa allocazione del gettito fiscale) che non potrebbe, verosimilmente, garantire le politiche redistributive su tutto il territorio nazionale e dovrebbe probabilmente rinunciare a gran parte delle sue politiche economiche e sociali. L’interessante ed attualissima tematica ha infiammato la platea dei rotariani che hanno rivolto molte domande al conversatore a cui, a fine serata, hanno tributato lunghi applausi.

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