Due pesi e due misure

Luigi Santini                       

La tragedia che ha sconvolto l’Emilia Romagna ha suscitato una straordinaria risposta da parte delle autorità pubbliche, delle associazioni e dei singoli cittadini. La mobilitazione è stata forte ed efficiente, così come forte è il cordoglio di tutto il paese per questo evento drammatico Sono, ad oggi, 14 le vittime, incalcolabili i danni, enormi le conseguenze per l’economia e per il territorio. La vicenda deve, peraltro, indurre ad alcune considerazioni. Ancora una volta, vengono a galla le pecche della scarsa attenzione verso l’annoso problema del degrado idrogeologico del Paese. L’Italia ha un territorio fragile, nel quale le zone montuose si alternano a quelle pianeggianti e i mari alle montagne. Di fronte a tale scenario occorre prendere atto dello scempio prodotto dall’uomo. In Emilia Romagna – dal 2003 al 2008 – si è avuto un consumo agricolo di 8,4 ettari al giorno. Secondo i dati di Legambiente  le province di Parma e Piacenza sono la “maglia nera” del Paese per livello di cementificazione. Si è edificato in maniera disordinata e affannosa: capannoni e  palazzi sono andati aumentando come funghi senza che si tenessero presenti le conseguenze di tali scelte. Disboscamenti, scarsa  manutenzione degli argini dei fiumi hanno progressivamente eroso le difese naturali contro le alluvioni, la tenuta degli argini fluviali e delle montagne. Le conseguenze sotto tristemente sotto gli occhi di tutti. In Emilia si è avuta la resa dei conti di un malcelato abusivismo.

Analoga vicenda si è avuta a Casamicciola. A Cominciare dal numero delle vittime a causa della rovinosa frana del 26 novembre del 2022, quando un intero costone montuoso precipitò, provocando la morte di 12 persone inermi. Anche qui sotto accusa fu il dissennato modo di costruire case in territori ad alto rischio, quasi sempre senza tener in nessun conto i criteri di sicurezza necessari. L’abusivismo era diventato una piaga, come dimostrano le 26.000 richieste di condono edilizio in tutta l’isola di Ischia. Tale fenomeno ha trovato spazio anche per la mancanza di un piano regolatore in una zona che, per due terzi, è considerata ad alto pericolo idrogeologico. Dopo il sima del 2017 furono emanati provvedimenti ad hoc e fu ottenuto lo stato di emergenza, il quale, però, venne dichiarato concluso nel 2019. Nel frattempo ben poco fu fatto per mettere in sicurezza almeno le zone a maggio rischio. Ancora una volta, al Sud, lo Stato è praticamente venuto meno, mostrando una trascuratezza non scusabile. Rispetto a tale condizione di pericolo la responsabilità non può essere addossata soltanto sugli abitanti, ma deve indurre a riflettere sulla capacità di regolazione e di controllo spettante ai pubblici poteri statali e locali.

Le tristi vicende dell’alluvione in Emilia Romagna e della frana di Casamicciola sono accomunate da alcuni fattori: la mancanza di una politica di pianificazione territoriale in grado di arginare l’abusivismo, e il disfacimento idrogeologico. In sintesi occorrerebbe mettere progressivamente in sicurezza il territorio con un paziente e costante lavoro di manutenzione. Vi sono, però, anche elementi che distinguono le due vicende. I soccorsi nell’alluvione dei giorni scorsi sono stati massicci ed efficaci e, soprattutto, il presidente della regione Emilia Romagna ha immediatamente chiesto al governo di provvedere con misure rapide ed adeguate per fronteggiare i guasti prodotti dall’alluvione. Non altrettanto si può dire riguardo alla frana del novembre 2002 a Ischia. La voce delle autorità locali e del presidente della regione Campania sono state, a giudicare dai risultati, meno incisive. Come spesso accade, per il Sud del Paese, due pesi e due misure.

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