La pizza fritta di Giuseppe Vesi diventa un’oversize di bontà

Si chiama “Sessanta centimetri di bontà” l’ultima creazione dello chef gourmet Giuseppe Vesi. Un must della gastronomia classica partenopea che diventa oversize, assumendo le sembianze di un prodotto che ormai nell’immaginario collettivo è stato ribattezzato proprio “Sessanta centimetri di bontà”. Ma nei secoli ha sfamato generazioni di napoletani e non solo, in ultimo, nel primo dopoguerra per qualche tempo, a causa della carenza di legna da ardere nei forni, ha sostituito la pizza rotonda. Da allora, fritta nell’olio, si è ritagliata il suo ruolo, preciso, speciale. Si chiama in tanti modi la pizza fritta, che Giuseppe Vesi ha reinterpretato nella sua versione, fuori misura, appunto oversize. “Sessanta centimetri di bontà” ormai è quello il nome assegnato a questa magia dell’arte bianca, rigorosamente realizzata con l’impasto firmato “pizza gourmet”.

Molti i nomi assegnati negli anni alla pizza fritta, uno dei tanti è “il calzone”, ‘o cazone” in lingua napoletana. Divenne famosa a Napoli, anche perché i pizzaioli avevano inventato un pagamento rimandato di una settimana, che veniva chiamato “ogge a otto”, cioè oggi a otto. E la formula ne decretò il successo. Non a caso elevata anche ai successi cinematografici, quando diventa una delle protagoniste di un famosissimo episodio de “L’oro di Napoli” con Sophia Loren, questa succulenta pietanza sembra però vedere la luce qualche secolo prima. È infatti il poeta Giovanni Battista del Tufo il primo a parlare di “zeppolelelle”, delizie di pasta lievitata croccanti all’esterno e morbide all’interno, cosparse di miele. Siamo nel 1500. Tre secoli dopo, nel 1837, Ippolito Cavalcanti, illustre cuoco e scrittore, ne descrive la farcitura, annoverando tra gli ingredienti baccalà, pesce azzurro e alici. Ma il rapporto con questo manufatto è sempre ben saldo per i napoletani. Lo ritroviamo in tempi recenti, soprattutto di domenica, quando rappresenta un ottimo “aperitivo” prepasto, in attesa dei rinomati pantagruelici pranzi della festa.

Oggi la “Sessanta centimetri di bontà” di Giuseppe Vesi, incontra e prosegue la tradizione della fritta napoletana. E’ una pizza che non va consumata in solitudine o in piedi, come dice Vesi. “Benchè semplice e veloce, è una pizza di compagnia e da compagnia, gustata tra amici perché suscita parole di amicizia, calore che non è soltanto quello della friggitrice nella quale prende vita. E’ cibo da atmosfera, antico e colto”. E’ in poche parole la storia di una città dai mille volti, così come la fritta di Vesi.

 Eduardo Cagnazzi

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