Opera di Stato Varna Bulgaria

presenta

La Traviata

Direttore: Jacopo Sipari di Pescasseroli
Regia: Srebrina Sokolova

Varna, Summer Theatre – venerdì 27 giugno ore 21

Info.: Summer Theater tel.:052 612-803
La Traviata, quel nostro inguaribile male
Venerdì 27 giugno, alle ore 21, il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli salirà sul podio dell’Arena
all’aperto dell’ Opera di Stato Varna, guidata da Daniela Dimova, per una produzione la cui
regia sarà firmata da Srebrina Sokolova. Violetta, avrà la voce del soprano Aleksandrina
Mihaylova

Non avrà mai cedimenti nei secoli la Traviata di Giuseppe Verdi, ed ecco che
nell’Arena sul mare di Varna, ci sarà Violetta, che avrà la voce del soprano
Aleksandrina Mihaylova, per inaugurare venerdì 27 giugno, alle ore 21, il settore
operistico di questo magnifico spazio. Daniela Dimova, scegliendo questo
amatissimo titolo va sul sicuro, ponendo a fianco della Mihaylova, Reinaldo Droz,
nel ruolo di Alfredo e Svilen Nikolov, in quello di Giorgio Germont, mentre a
completare il quartetto di voci vi sarà Milena Zaharieva, che darà corpo a Flora
Bervoix. L’orchestra dell’Opera di Varna, unitamente al coro, avrà da seguire la
bacchetta del suo direttore ospite principale, il Maestro abruzzese Jacopo Sipari di
Pescasseroli, mentre la regia sarà firmata da Srebrina Sokolova. “Doppia Traviata
per me – ha dichiarato il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli – nel giro
praticamente di una settimana, poiché il 5 luglio dirigerò nuovamente questo titolo a
nell’antico teatro di Plovdiv con la star internazionale Nino Machaidze. Sono
dichiaratamente un direttore pucciniano, ma la Traviata resta un nostro inguaribile
male. Se si pensa di portare per la prima volta qualcuno a vedere un’ opera lirica,

Traviata è tra i primi titoli insieme a Carmen, il Barbiere di Siviglia, Bohème e
Tosca, cui assistere, non per nulla in Pretty Woman, Edward Lewis (Richard Gere),
porta la sua escort, Vivian Ward (Julia Roberts), a vedere il suo doppio, potrei dire
Pretty Violet. Sarà una Traviata giovane questa, attraversata dalla forza della
speranza fino alla fine, tutta affidata alle voci fresche dell’intero cast. Insuperabile
Ermonela Jaho nel ruolo, con la quale ho, a Pristina, in un gala ai principi di
giugno, eseguito l’ “Addio del passato”, ma si sa, ognuno ha la propria idea di
Traviata. La partitura è quella per tutti, poi l’agone, al quale partecipa anche il
pubblico, da assoluto protagonista, cambia le carte in tavola tra podio, buca,
palcoscenico e platea, pur ritrovandoci tutti nella sua essenza: è giusto questo il
mistero della Musica”.
“La Traviata” rappresenta il Verdi “moderno”, in primo luogo per la tempestività (la
versione teatrale del romanzo di Alessandro Dumas jr., “La dame aux Camélias”, era
andata in scena solo un anno prima), poi, per l’attualità del soggetto e della
psicologia, favorita dallo spostamento della trama su di un solo personaggio. Conta,
però, soprattutto l’apertura musicale, basti ricordare la costruzione di tutto il primo
atto, intorno ad un unico, inarrestabile ritmo di valzer e del terzo su un sommesso
parlato, la pulsione erotica mondana e la delusa intimità borghese. Echi, forse,
dell’amato Schubert. Nel valzer si riflette al negativo la mondanità del Secondo
Impero, una spettrale “vie parisienne”. Simmetrie. “Libiamo ne’ lieti calici” ha (in
tonalità maggiore) lo stesso avvio dello sconsolato “Addio al passato”, in minore,
introdotto dall’evocativo suono dell’oboe. Verdi “borghese”, organico e ribelle
insieme, come ben si conviene in un’epoca in Italia ancora rivoluzionaria, in cui era
tale essere anticlericale e patriottici, magari convivere con una donna senza sposarla.
L’amore attraversa fremente la diseguaglianza dei ranghi sociali, ma non è questione
di ricchezza, ma di gap fra buona società e demi-monde, e pretende di associare
stabilmente il giovane di buona famiglia e la cortigiana, che dovrebbero avere per
unico legame legittimo il piacere mercenario e temporaneo. La comunicazione
s’interrompe per un dislivello incolmabile di amore. L’esistenza dissipata ha
preparato Violetta alla passione senza ritorno, alla dedizione assoluta, mentre Alfredo
si è soltanto infatuato della brillante esperienza della cortigiana, è temporaneamente
abbagliato da quel mondo, ma prontissimo a ritornare al proprio, al solido
matrimonio con qualche algida e illibata fanciulla da tradire, poi, con altre più
sostanziose amanti. Non ingannino i reciproci slanci amorosi del primo atto. Invero,
già allora, il “Croce e delizia al cor” di Alfredo è soltanto una galante serenata. Ben
altro è lo spessore emotivo della “povera donna, sola, abbandonata/in questo
popoloso deserto/che appellano Parigi”, che vorrebbe, in un congedo estenuato al
belcantismo, “sempre libera folleggiar di gioia in gioia” e sospetta giustamente che
“sarìa per me sventurata un serio amore”. Viene da pensare alla solitaria morte
parigina della Callas, Violetta per sempre, al di là dell’incomparabile maestria tecnica
che associava drammaticità e coloratura, per quanto di personale, di incolmabile
eccesso di amore irricambiato è fluito nelle sue esecuzioni. Lo scoppio della passione
compromette l’accasamento delle vergini (Germont si preoccupa di sistemare la
sorellina di Alfredo e intona soave “Pura siccome un angelo”) e turba la pubblica

opinione. Germont rappresenta la figura e la legge del padre nei confronti di una
Violetta, chiaramente dedita al libertinaggio per mancanza di una sana educazione
paterna. Il sacrificio della passione e il saper tenere la bocca chiusa – secondo le
buone tradizioni borghesi – è il contributo dell’onesta puttana all’equilibrio sociale.
L’innamorato Alfredo, finge di non capire, rinfaccia alla donna che l’ha abbandonato
i soldi spesi per lui, eccedendo in villania per gli stessi canoni mondani. Sul prezzo
che paga si inteneriscono i carnefici, Alfredo stesso e l’odioso genitore. L’inizio
dell’ultimo atto, contribuisce decisamente allo sfaldamento della struttura tradizionale
a numeri chiusi, dissolti in un tessuto continuo di recitativi, slanci lirici e ricadute nel
pianissimo, in piena corrispondenza alla tempesta sentimentale che investe l’affranta
Violetta e alla sua illusione, proprio in punto di morte, di un ritorno delle forze vitali.
Violetta morirà sull’etereo suono del violino che ricorderà ancora una volta la prima
frase d’amore di Alfredo. Solo il lato buio del palcoscenico, rivelerà le vere anime
dei personaggi svelando il maligno disegno della vita. Tempus fugit.
Press agent M° Jacopo Sipari di Pescasseroli
chieffipress2021@gmail.com
maestrosipari@gmail.com

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