Le belle storie di Napoli:
Sant’Antonio da Padova e la Devozione Napoletana
La figura di Sant’Antonio da Padova è venerata in modo straordinario dai napoletani. La sua influenza si avverte non solo nelle chiese e nei luoghi di culto, ma anche nei cuori delle persone che nel santo trovano una guida spirituale e un protettore in grado di intercedere per le loro necessità quotidiane. Di famiglia originariamente devota a questo santo, ricordo con affetto come mio padre, durante le festività, parlasse con entusiasmo delle gesta e dei miracoli di Sant’Antonio, utilizzando esempi e aneddoti che hanno radici profonde nella tradizione popolare napoletana.
Pochi sanno che, nel corso della storia, Sant’Antonio assunse un ruolo particolare nel contesto di Napoli. Nel 1790, l’atmosfera politica era tesa: il popolo stava cercando un simbolo di unità e speranza. Così, dopo eventi tumultuosi e la decadenza temporanea di San Gennaro, Sant’Antonio venne proclamato protettore di Napoli. Questa scelta non fu casuale. Infatti, San Gennaro, il santo patrono della città, aveva vissuto momenti controversi in relazione alla Repubblica Napoletana. Si narra che, durante l’epoca giacobina, il sangue di San Gennaro liquefacendosi alla presenza del generale Championnet, i giacobini, nello stupore della folla, abbandonarono il Duomo e acclamarono Sant’Antonio come loro nuovo protettore.
Questa transizione non solo evidenziò la forte connessione tra il popolo e i suoi santi, ma dimostrò anche come le figure religiose potessero riflettere le aspirazioni e le speranze di una popolazione in cerca di identità e stabilità. Sant’Antonio, già noto per i suoi miracoli e interventi divini, divenne così il simbolo di una nuova era, di una Napoli in ribellione ma desiderosa di protezione divina. Ma la devozione napoletana per Sant’Antonio non è solo frutto di necessità politiche; è alimentata da storie di grazia e miracoli che sono giunte fino a noi. Una delle narrazioni più toccanti è quella del miracolo avvenuto nel 1623, descritto con grande fervore nella stupenda Basilica di San Lorenzo Maggiore. Questo luogo, un vero gioiello dell’arte gotico-napoletana, custodisce storie di fede e di speranza. Si racconta che Nel 1623, durante il governo del Viceré spagnolo Antonio de Toledo, Duca d’Alba, (il duca che fece erigere la famosa Port’Alba), a Napoli si venne a conoscenza di una banda di dedita alla produzione di monete false. Questi delinquenti tempestivamente arrestati processati e condannati alla forca. Il Viceré, dopo la condanna ordinò che nessuno doveva entrare nel palazzo per chiedere una grazia-. Tra i condannati, vi era un giovane padre di famiglia, accusato ingiustamente. La moglie, grazie all’aiuto di un avvocato amico, fece preparare una lettera nella quale spiegava ampiamente le ragioni dell’innocenza del suo consorte. Ma purtroppo il Viceré, non tenne conto della richiesta. la donna avvilita, disperata per la sorte infame che attendeva il marito, e forte del suo senso religioso andò a deporre la lettera vicino al quadro di Sant’Antonio nella Basilica di San Lorenzo Maggiore, sperando in un miracolo. Ed il miracolo avvenne- Infatti Il giorno dopo, con grande sorpresa, la donna scoprì che il marito era stato liberato. La donna si chiedeva a questo punto cosa avesse indotto il Viceré a cambiare idea. Don Antonio di Toledo spiegò che la sera, un giovane frate, di sfolgorante bellezza e cultura, gli aveva consegnato la lettera, convincendolo dell’innocenza del giovane. Il Viceré non sapeva chi fosse quel frate, così volle recarsi presso La basilica di San Lorenzo Maggiore precisamente nel convento, per poter incontrare il frate. Ma mentre attraversava il corridoio, un dipinto lo colpì. In quel dipinto riconobbe, con grande meraviglia, il giovane frate che gli era apparso la sera precedente, era il dipinto di Sant’Antonio, quello che ancora oggi è esposto nella cappella di Sant’Antonio- Il frate aveva superato guardie e porte chiuse per presentargli la lettera.

Vi consiglio di visitare questa stupenda Basilica monumentale qui, ricordo, Boccaccio conobbe la sua Fiammetta, dove sono custodite opere d’arte e storie di immenso valore religioso e umano.
Gennaro D’Aria
