UNESCO a Napoli, ”Lo Spirito di Napoli” un impegno ed una riflessione sul patrimonio culturale come bene comune
di Ezio Micillo
Napoli, 4 giugno 2025, si è aperta a Castel Capuano la seconda edizione della conferenza internazionale UNESCO “Cultural Heritage in the 21st Century”, un evento che ha trasformato la città partenopea in capitale globale della riflessione culturale. A colpire, prima ancora dei contenuti, è stata l’atmosfera: in un luogo denso di memoria, simbolo della storia giuridica e sociale di Napoli, la presenza di rappresentanti istituzionali di altissimo livello ha dato forma a un momento di forte valore simbolico.
L’evento ha visto la partecipazione di figure di spicco nel panorama politico e culturale internazionale:
- Antonio Tajani, Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale,
- Alessandro Giuly, Ministro della Cultura,
- Gaetano Manfredi, Sindaco di Napoli,
- Audrey Azoulay, Direttrice Generale dell’UNESCO.
Altre personalità politiche ed istituzionali hanno garantito la loro presenza dando un valore aggiunto all’evento. Ma ciò che più ha colpito è stato il tono dei loro interventi, misurato, concreto, e per certi versi appassionato.



L’edizione del 2025 si concentrerà su quattro temi principali:
- Valutazione dello “Spirito di Napoli”: Si esaminerà l’efficacia delle iniziative lanciate durante la conferenza precedente (2023), in particolare l’iniziativa “Spirito di Napoli”, che promuove un approccio olistico e umano alla salvaguardia del patrimonio culturale.
- Sinergia tra le Convenzioni UNESCO: Sarà discusso come rafforzare la cooperazione tra le diverse convenzioni UNESCO, in particolare la Convenzione del Patrimonio Mondiale (1972)e la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (2003).
- Affrontare le sfide globali: Come l’urbanizzazione, il cambiamento climatico, i conflitti armati e il sovraffollamento turistico impattano sulla preservazione del patrimonio e quali soluzioni possono essere adottate per mitigare tali effetti.
- Promozione dell’inclusività: Potenziare la partecipazione globale, dando particolare attenzione ai Paesi del Sud globale e alle popolazioni indigene, per garantire che la protezione del patrimonio sia un impegno universale.




Il patrimonio culturale non è un bene privato, ma appartiene all’intera umanità. Le culture di tutto il mondo sono diverse e ogni tradizione porta un contributo unico alla nostra comprensione della storia e della diversità umana. Purtroppo, molte voci e culture sono state storicamente marginalizzate o ignorate nei processi di conservazione.
La conferenza di Napoli mette l’accento sull’inclusività e sulla rappresentanza delle voci globali, soprattutto quelle provenienti da regioni meno rappresentate, come l’Africa e i Paesi del Sud del mondo. La promozione della diversità culturale è essenziale per evitare che il patrimonio di alcune aree del mondo venga ignorato o eroso, permettendo invece una gestione più equa e condivisa del patrimonio culturale globale.




Napoli è una delle città con il più alto livello di stratificazione storica al mondo: fondata dai Greci, trasformata dai Romani, sviluppata nel Medioevo e nel Rinascimento, e viva ancora oggi come centro urbano moderno. È Patrimonio Mondiale UNESCO dal 1995 per il suo centro storico, uno dei più vasti e ricchi d’Europa.
Questa scelta dimostra la volontà dell’UNESCO di portare il dibattito nel cuore di una città che vive e affronta quotidianamente le problematiche legate alla conservazione, all’abitare, alla memoria collettiva e alla trasmissione del patrimonio.
Il vice presidente del consiglio, nonché ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani ha parlato di cultura come “strumento di pace”. Un’affermazione che potrebbe suonare retorica, ma che oggi ha trovato uno spazio di autenticità. In un tempo in cui i conflitti armati minacciano monumenti, biblioteche e identità culturali, il richiamo alla cultura come fondamento della convivenza civile assume un senso politico, oltre che simbolico. Tajani ha sottolineato come la tutela del patrimonio possa diventare il punto di partenza per una ricostruzione dei legami sociali nei contesti più fragili.




Il ministro Alessandro Giuly ha insistito sul ruolo delle comunità locali: un messaggio importante, perché troppo spesso si pensa al patrimonio culturale come qualcosa da custodire in modo statico, invece che come realtà viva, dinamica, parte di una società. La sua idea di “patrimonio partecipato” merita attenzione, soprattutto in un Paese come l’Italia, dove il rischio di musealizzare i luoghi senza tener conto delle persone che li abitano è sempre dietro l’angolo.
Il sindaco Gaetano Manfredi ha toccato un punto cruciale parlando del centro storico di Napoli: “resiste perché è ancora abitato”. Non è solo una constatazione urbanistica, è una dichiarazione politica e culturale. La città vive nella misura in cui resta viva la sua relazione con chi la attraversa quotidianamente. Turismo, valorizzazione, protezione: tutte queste parole rischiano di diventare vuote se non mettono al centro la coesione sociale.
Audrey Azoulay, infine, ha dato alla questione una prospettiva globale, ricordando che oggi la principale minaccia per il patrimonio culturale non sono solo i conflitti, ma i cambiamenti climatici. Le sue parole, pronunciate con tono fermo ma non allarmista, hanno ricordato a tutti che difendere la cultura significa anche difendere il pianeta.




Questa giornata inaugurale non è stata solo un’apertura formale. È stata una presa di coscienza collettiva, una dichiarazione d’intenti. Napoli non è stata scelta a caso: è una città che incarna le contraddizioni e le potenzialità del patrimonio culturale. È fragile, complessa, stratificata. Ma è anche capace, più di molte altre città europee, di far convivere storia e presente, popolo e palazzi, culto e cultura.
La conferenza continuerà nei prossimi giorni, fino al 6 giugno, ma già da oggi emerge un messaggio chiaro: il patrimonio culturale non è solo da custodire. È da vivere, condividere, discutere. E in questo, Napoli ha ancora tanto da insegnare.

© Ezio Micillo giornalista e fotoreporter