Russian writer Fyodor Dostoevsky (1821 - 1881), circa 1865. (Photo by adoc-photos/Corbis via Getty Images)

Delitto e Castigo di Dostoevskij e Dei Delitti e delle Pene di Cesare Beccaria: Un Dialogo tra Giustizia e Morale

Nel vasto panorama della letteratura e della filosofia, due opere si ergono come monumenti alla riflessione sul delitto e la giustizia: “Delitto e Castigo” di Fëdor Dostoevskij e “Dei Delitti e delle Pene” di Cesare Beccaria (nono del Manzoni). 

Questi testi, scritti in epoche e contesti diversi, ci invitano a esplorare la complessità dell’animo umano, la natura del crimine e le conseguenze che ne derivano.
Cesare Beccaria, con il suo saggio illuminista, fu un pioniere nel rifiutare la vendetta come principio giuridico. La sua analisi razionale e pragmatica del sistema penale ha messo in discussione le punizioni arbitrarie e la tortura, sostenendo invece l’importanza di una giustizia equa e preventiva. Beccaria propone un sistema in cui le pene devono essere proporzionate al crimine, enfatizzando il diritto alla vita e alla dignità umana. Questo pensiero sicuramente ha lasciato un segno profondo nella cultura europea e ha influenzato non solo la legislazione, ma anche il pensiero letterario dell’epoca.
A distanza di decenni, Dostoevskij si confronta con le idee di Beccaria attraverso la sua opera “Delitto e Castigo”. Qui, il protagonista Raskolnikov commette un omicidio motivato da teorie filosofiche e un senso distorto di superiorità morale. La sua lotta interiore, i conflitti etici e il tormento psicologico che ne deriva sono emblemi della ricerca di senso e redenzione. Raskolnikov, pur cercando di giustificare la sua azione come un sacrificio per il bene superiore, si trova faccia a faccia con le conseguenze della sua scelta: un castigo che va ben oltre la mera punizione fisica.
La connessione tra le due opere è palpabile. Mentre Beccaria caldeggiava un approccio razionale e umanitario alla giustizia, Dostoevskij si tuffa nel profondo abisso dell’animo umano, mettendo in luce la fragilità dell’individuo di fronte al suo stesso crimine. In questo modo, il romanziere russo amplia il dibattito avviato dal filosofo italiano, portando alla ribalta il tema del rimorso, della colpa e della redenzione.
Dostoevskij, ispirato dalle idee di Beccaria, ci mostra che il delitto non è solo un atto legale, ma un dramma esistenziale che coinvolge la coscienza e la morale personale. La punizione, quindi, diventa un processo non solo esteriore, ma anche interiore. La lotta di Raskolnikov è rappresentativa della tensione fra il desiderio di libertà e l’inevitabile responsabilità verso gli altri, una dialettica che ricorda le tesi di Beccaria sull’importanza del deterrente e della comprensione nelle dinamiche del crimine.
L’influenza di Beccaria su Dostoevskij è evidente non solo nei temi trattati, ma anche nell’approccio alla comprensione della giustizia. Entrambi i pensatori, seppur con modalità differenti, ci invitano a riflettere su cosa significhi realmente punire e perdonare, e su come le nostre azioni siano sempre intrinsecamente legate a scelte morali. Attraverso queste opere, ci viene offerta l’opportunità di confrontarci con le domande più profonde della nostra esistenza, di esplorare il confine sottile tra il delitto e la giustizia, e di comprendere che, forse, il vero castigo risiede dentro noi stessi.

Gennaro D’Aria

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